L'assenza di pregiudizio e il rischio di insuccesso dei piani concordatari - di Luca SICIGNANO
in Banca, Borsa e tit. cred., 2024, fasc. 1, p. 144 - 176
Il contributo esamina il principio di assenza di pregiudizio vigente nelle procedure concorsuali, secondo cui occorre verificare che ai creditori non aderenti ad una procedura di liquidazione o di ristrutturazione venga assicurata una soddisfazione almeno pari all’importo astrattamente ricavabile da un’ipotetica liquidazione giudiziale. Nello specifico, l’analisi si sofferma sul funzionamento concreto del principio e sull’effettiva modalità di determinazione delle cifre poste alla base della verifica, ossia del valore di liquidazione e di pagamento. In questa prospettiva, la tesi sostenuta dall’Autore è che nella determinazione del valore di pagamento per la verifica dell’assenza di pregiudizio bisognerebbe applicare i criteri economici dell’attualizzazione e, così, introdurre nel confronto anche il valore economico del rischio associato alle concrete modalità di soddisfazione promesse ai creditori.
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La convenzione di moratoria e il contratto a sfavore di terzo - di Mario CAMPOBASSO
in Riv. dir. civ., 2023, fasc. 6, p. 1051-1079
Fra le numerose novità legislative proposte dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza vi è la convenzione di moratoria, con la quale il debitore può convenire con i creditori «la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti la rinuncia al credito» (art. 62 c.c.i.i.). Se all’accordo aderiscono i creditori che rappresentano almeno il 75% dei crediti di una categoria, la convenzione è efficace per tutti i creditori appartenenti alla medesima categoria. La convenzione di moratoria è perciò un “contratto a sfavore di terzo”, vale a dire a sfavore di quei creditori che, senza aver aderito alla convenzione, sono vincolati dagli effetti dell’accordo accettato dalla maggioranza dei creditori della categoria. Ciò in deroga espressa al c.d. principio di relatività del contratto, secondo cui il contratto produce effetti diretti solo tra le parti (art. 1372 c.c.). La tensione del nuovo istituto con i principi fondamentali del diritto privato è evidente; i dubbi numerosi. Quando un contratto può essere definito “a sfavore di terzo”? A quali condizioni il legislatore può consentire ai privati l’impiego di un simile strumento senza violare le libertà costituzionali del terzo? Quando è utile farvi ricorso e quando, invece, controproducente ? Quali sono le tutele apprestate per il terzo in sede di stipula del contratto e poi di fronte alle vicende sopravvenute del rapporto?
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